La performance al Magi
La sezione dedicata a Shozo Shimamoto (Osaka, 22 gennaio 1928 – 25 gennaio 2013) testimonia un evento di grande suggestione di cui l’artista giapponese è stato protagonista al MAGI nel novembre 2008.
I ritagli di polietilene imbrattati di colore esposti sono i frammenti del grande telo steso sul pavimento del museo per un’intensa performance (qui documentata da un video) durante la quale, sotto gli occhi di un folto pubblico, Shimamoto ha agito a tempo di musica lanciando con forza e casualità diversi contenitori di colori su una lunga distesa di tele e sculture di teste.
L’improvvisazione e l’azione teatralizzata, la veemenza del colore ritualizzata, l’interpretazione dell’atto artistico come performance trasgressiva e ludica, sono modalità caratteristiche della sua ricerca, condotta in gran parte nell’ambito del Movimento Gutai, di cui l’artista è stato tra i principali esponenti e al quale lui stesso ha dato il nome.
Gutai, parola che indica il conflitto tra materia e spirito, esprime la volontà di uscire dalla forte tradizione calligrafica giapponese innovando regole e modalità espressive. Alla metà degli anni ’50 Jiro Yoshihara (1905-72), promotore del movimento, si era ispirato all’action painting statunitense per iniziare un processo di liberazione istintiva della materia, in cui il corpo trascina l’artista a vivere l’arte come esperienza totale, trasgredendo le dimensioni spaziali e ibridando pittura e teatro. A questa linea si è presto avvicinato Shimamoto, affermandosi come uno dei più convincenti e originali interpreti dell’arte sperimentale del secondo dopoguerra.