Guernica, Icona di Pace

Guernica, Icona di Pace

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In mostra al Senato della Repubblica fino al 5 gennaio e fino al 3 marzo al Magi’900

Guernica, icona di pace dedicata al cartone realizzato da Pablo Picasso, raffigurante la sua opera capolavoro, da cui è nato l’arazzo esposto all’ingresso della sala del Consiglio di Sicurezza dell’ONU.

L’idea espositiva parte da una lunga ricerca fatta dalla storica dell’arte Serena Baccaglini che, nel corso dei suoi studi dedicati al grande artista spagnolo, scoprì una eccezionale collaborazione a tre – frutto di una altrettanto eccezionale amicizia – tra Pablo Picasso, Nelson Rockefeller, uno dei più  grandi  mecenati del Novecento, e l’artista Jacqueline de la Baume Durrbach, che ricreò e tessé il dipinto di Guernica mediante l’antica arte dell’arazzo.

Per comprendere la portata di questa straordinaria vicenda occorre fare un preliminare passo indietro, partendo dalla storia dell’olio di Guernica, oggi al Museo Reina Sofia di Madrid.

Guernica è il nome di una cittadina basca dal triste primato: fu, in assoluto, la prima città al mondo a subire un bombardamento aereo. Ciò avvenne la sera del 26 aprile 1937 ad opera dell’aviazione militare tedesca. L’operazione, decisa con freddo cinismo dai comandi militari nazisti, venne considerata come un esperimento bellico. In quegli anni, difatti, la Spagna era travagliata dalla guerra civile, con cui il generale Francisco Franco cercava di attuare un colpo di stato per sostituirsi al legittimo governo. In questa guerra Franco aveva come alleati il regime fascista e quello nazista. La cittadina di Guernica non era teatro di azioni belliche, cosicché la furia distruttrice del primo bombardamento aereo della storia si abbatté sulla popolazione civile uccidendo soprattutto donne e bambini.

Quando la notizia di un crimine contro l’umanità così efferato si diffuse tra l’opinione pubblica, Picasso era impegnato alla realizzazione di un’opera che rappresentasse la Spagna all’Esposizione Universale di Parigi del 1937. Immediatamente decise di realizzare un pannello che denunciasse l’atrocità del bombardamento su Guernica e l’opera, di notevoli dimensioni (metri 3,5 x 8), fu realizzata in soli 33 giorni, preceduta da un’intensa fase di studio, testimoniata da ben 45 schizzi preparatori che Picasso ci ha lasciato.

L’opera ebbe un successo immediato e numerose esposizioni internazionali, anche e soprattutto per il messaggio morale e civico che Picasso volle esprimere, cosicché l’amico Nelson A. Rockefeller (esponente della omonima famiglia di petrolieri, governatore dello Stato di New York dal 1959 al 1973 e vicepresidente degli Stati Uniti nel 1974 con l’amministrazione Ford), – per tutelarne l’integrità – convinse l’amico Picasso a rappresentarla in arazzo grazie a Jacqueline de la Baume Durrbach, la geniale artista francese dalle dita d’oro, capace di tessere un dipinto trasformandolo in arazzo.

Oggi, l’archivio Rockefeller di New York oltre alle modalità tecniche per realizzare l’arazzo, fatto sotto la completa supervisione e direzione di Picasso, che scelse personalmente le undici nuancés utilizzate per dare colore all’arazzo rispetto al dipinto che l’Artista creò in bianco e nero per rievocare le cruenti immagini riportate nelle foto monocrome dei quotidiani di Parigi, dove Picasso a si trovava all’epoca dei fatti – contiene memoria di quel lungo e fruttuoso accordo tra i tre protagonisti, durato diciotto anni, dal 1955 al 1973, anno della morte di Picasso, e che favorì la nascita di una collezione unica in cui ventisei opere dell’artista spagnolo vennero trasformati in arazzi “per poter portare la bellezza alla gente”, secondo l’espressione usata da Rockefeller per descrivere il progetto.

Picasso, a poco a poco, entrò nel magico mondo artistico della Durrbach, apprezzando a tal punto il complesso lavoro di trasformazione delle sue opere in arazzi da fargli dire, a proposito del dipinto Déjuner sur l’herbe, che il “lavoro compiuto da Jacqueline era di gran lunga superiore al suo”.

Quando Rockefeller, nel 1974, assunse la carica di vicepresidente degli Stati Uniti, gli arazzi – incluso Guernica – furono portati nella sua residenza di Kykuit (Stato di New York) e, nel 1985, la moglie Happy, sei anni dopo la sua morte, decise di consegnare  l’arazzo di Guernica alle Nazioni Uniti perché il forte messaggio iconico evocativo sull’orrore della guerra potesse essere continuo e costante. Una targa, accanto all’arazzo posto all’ingresso della sala del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, sottolinea che esso fu donato “in memory of Nelson Rockefeller and of his faith and support of the United Nations”.

Il cartone, di proprietà della famiglia Durrbach – dopo l’esposizione a Praga (2011-12), a San Paolo in Brasile (2014) e a Wròclaw (2014) – , nell’anno in cui si celebra l’ottantesimo anniversario della creazione dell’olio di Guernica, viene esposto per la prima volta in Italia, ricevendo un’accoglienza istituzionale dal Senato della Repubblica che, in prossimità delle celebrazioni per i Settanta anni della Costituzione italiana, ha ritenuto di ospitare l’opera – non solo per l’alto valore artistico – ma anche per l’indubbio tributo universale che il dipinto offre alla democrazia e alla libertà, prodromi della vera pace, quella pace che nasce, germoglia e fruttifica grazie all’impegno politico e sociale contro i conflitti, di qualsiasi natura essi siano, come ben ricorda l’articolo 11 del dettato costituzionale.

L’entusiastica adesione al progetto espositivo del cartone da parte del Museo Magi ‘900 e del suo patron Giulio Bargellini si pone in coerente linea con la visione politica, espressa da Picasso, allorché creò Guernica: grazie all’opera, Picasso volle fare un vibrante appello al variegato mondo dell’Arte affinché non girasse mai la testa dall’altra parte dinanzi ai germi di disumanità che ogni conflitto porta con sé, ma facesse sempre sentire la propria voce alta e sicura e sapesse, attraverso la bussola della cultura – ovvero del rispetto della diversità, del dialogo e dell’ascolto -, indirizzare l’uomo verso la pace, che non è la mera assenza di guerra, bensì il più alto tra i valori della convivenza umana.