La sezione dei Maestri storici del Novecento, fondamento ideale e nucleo originario dell’ormai vastissima raccolta permanente, è proposta attraverso una selezione di opere rappresentative dalla particolare attitudine al collezionismo di Giulio Bargellini.
Incuriosito dalle ricerche artistiche dell’intero ultimo secolo, egli si è infatti accostato con spirito libero all’arte italiana del Novecento, apprezzandone sia i percorsi figurativi sia la linea aniconica.
Dagli ultimi echi di fine Ottocento, passando per le prime avanguardie, il “ritorno all’ordine”, le declinazioni intimiste e quelle più sperimentali del secondo dopoguerra, la raccolta unisce opere di diversi autori che hanno interpretato da protagonisti lo sviluppo della cultura visiva del XX secolo. I loro nomi ci restituiscono gli echi dei principali gruppi e movimenti che hanno segnato il dibattito culturale italiano fino agli anni Settanta, le loro opere intrecciano un racconto visivo sulla varietà della ricerche e dei mezzi espressivi, tra tradizione e sperimentazione.
Tra gli autori sono presenti Afro, Antonio Alciati, Renato Birolli, Giovanni Boldini, Aroldo Bonzagni, Alberto Burri, Massimo Campigli, Giuseppe Capogrossi, Carlo Carrà, Felice Casorati, Bruno Cassinari, Giorgio De Chirico, Raffaele De Grada, Angelo del Bon, Fortunato Depero, Gherardo Dottori, Gianni Dova, Riccardo Francalancia, Franco Gentilini, Giuseppe Guerreschi, Virgilio Guidi, Renato Guttuso, Carlo Levi, Antonio Ligabue, Mario Mafai, Alberto MAgnelli, Francesco Menzio, Mirko, Amedeo Modigliani, Mattia Moreni, Ennio Morlotti, Fausto Pirandello, Concetto Pozzati, Enrico Prampolini, Bruno Saetti, Aligi Sassu, Alberto Savinio, Emilio Scanavino, Toti Scialoja, Gino Severini, Mario Sironi, Atanasio Soldati, Mario Tozzi, Emilio Vedova, Renato Vernizzi, Zoran Music.
Attualmente questo nucleo della collezione, appositamente riallestita, è esposto nella grande sala che ospita tredici opere d’arte realizzate tra il XV e il XVIII sec. provenienti dalla Collegiata di Santa Maria Maggiore di Pieve di Cento, non più agibile a seguito del terremoto.
L’occasione di mostrare nello stesso ambiente opere di periodi storici diversi non può che svelare intrecci profondi, memorie sottese, richiami di forme e declinazioni cromatiche, e così questa modalità espositiva, che si è presentata in maniera inaspettata, si rivela pienamente coerente con la vocazione del museo e con la sua progettualità.