Fausto Melotti nasce a Rovereto (Trento) l’8 giugno 1901. Allo scoppio della Prima Guerra mondiale si trasferisce a Firenze, dove porta a termine gli studi liceali e vede le opere di Giotto e dei grandi del Rinascimento. Al termine del conflitto, tornato nella città natale, frequenta Fortunato Depero.Nel 1918 si iscrive alla facoltà di Fisica e Matematica dell’Università di Pisa, corso di studi che proseguirà al Politecnico di Milano, dove nel 1924 si laurea in ingegneria elettrotecnica. In questi anni consegue il diploma di pianoforte e intraprende lo studio della scultura a Torino, presso lo scultore Pietro Canonica. Nel 1928 si iscrive all’Accademia di Brera di Milano, dove è allievo di Adolfo Wildt, insieme a Lucio Fontana, con il quale stringe un lungo sodalizio. Nel 1932 accetta l’incarico da parte della Scuola artigianale di Cantù per tenere un corso di plastica moderna e si dedica con interesse e sensibilità all’insegnamento, come attestano i suoi scritti dell’epoca. Nel 1935 suo cugino Carlo Belli, pubblica Kn. Questo testo, che viene definito da Kandinskij “ il Vangelo dell’arte astratta” costituisce l’elaborazione teorica delle sperimentazioni degli astrattisti italiani che insieme a Belli e a Melotti, si confrontavano al Bar Craya di Milano. Nasce in questo contesto l’idea di un’arte fondata sulle regole della matematica, della proporzione, della geometria, ispirata alla modularità classica e rinascimentale e al distacco dall’espressività. Nel 1935 l’artista aderisce al movimento “ Abstraction-Création”, che era stato fondato a Parigi nel 1931 da Van Doesburg, Seuphor, Vantongerloo per promuovere e diffondere l’opera degli artisti non figurativi. Nello stesso anno, insieme al gruppo degli astrattisti milanesi, partecipa alla prima mostra collettiva di arte astratta nello studio di Casorati e Paulucci a Torino. Espone anche a Milano, allestendo una personale alla Galleria del Milione, dove presenta sculture ispirate a una sorta di “astrazione musicale”, in linea con la ricerca di Kandinskij e Klee. In questa occasione, nel testo in catalogo, definisce il suo lavoro “angelico geometrico”, in quanto aspira ad un’astrazione pura e integrale rispetto alla natura.
La sua prima esposizione non ha riscontro significativo in Italia, ma riceve attenzione in Francia, grazie al collezionista e mercante Léonce Rosenberg, figura di punta nella promozione dell’arte d’avanguardia. L’interesse per la sua ricerca artistica continua soprattutto all’estero e nel 1937 consegue il Premio internazionale La Sarraz in Svizzera.
A Milano, in occasione della VI Triennale del 1936, crea per la Sala della Coerenza disegnata dallo studio B.B.P.R.(Banfi, Belgiojoso, Peressutti, Rogers) un’opera-chiave, la Costante Uomo, un’installazione ambientale in cui dodici sculture antropomorfe scandiscono ritmicamente lo spazio. In quest’opera la semplificazione della forma del corpo umano, che ricorda una Kore greca, e la restituzione ovoidale del modulo geometrico della testa, rigorosamente senza volto, richiamano i manichini metafisici di Giorgio de Chirico. Dal 1941 al 1943 vive a Roma, dove partecipa al progetto di Figini e Pollini per il Palazzo delle Forze armate e nel frattempo realizza disegni, dipinti e compone poesie che con il titolo Il triste Minotauro saranno pubblicate dal grande editore Giovanni Scheiwiller nel 1944. La scrittura di Melotti, lirica, ironica, essenziale e spesso autobiografica, accompagnerà a lungo la sua ricerca visiva. Nel dopoguerra si dedica in particolare alla ceramica, adottando una tecnica raffinatissima, capace di restituire il passaggio dal dramma postbellico a una nuova leggerezza. I suoi “teatrini” restituiscono l’incanto di narrazioni sfuggenti e astratta, eppure suggestive di figure e storie. L’alta qualità del suo lavoro gli è riconosciuta dai numerosi premi ricevuti tra i quali il Gran Premio della Triennale nel 1951, la medaglia d’oro di Praga e quella di Monaco di Baviera. Si approfondisce in questo periodo un profondo legame professionale e umano con Giò Ponti, con il quale collabora con due grandi progetti decorativi in ceramica per la Villa Planchart a Caracas (1956) e la Villa Nemazee a Teheran (1960). Alla metà degli anni ’60 la scultura di Melotti ha un’evoluzione netta verso l’uso dei metalli. Mentre per certi aspetti la sua opera si smaterializza, abbandonando i volumi e cercando una rarefatta dialettica di linee e vuoto, sul piano iconografico diviene progressivamente più allusiva, legata a un’astrazione metafisica che non rinuncia a richiami onirici e figurativi. Nel 1967, quando è ormai ultrasessantenne, la sua carriera arriva a una svolta. Espone alla Galleria Toninelli di Milano numerose sculture di nuova ispirazione, il cui successo determina immediatamente una serie di mostre in Italia e all’estero. L’intensificarsi delle mostre lo porterà rapidamente al successo e permetterà al pubblico di conoscere la sua poliedrica attività: dalle sculture ai bassorilievi, dai teatrini alle opere su carta, alle ceramiche.
Ormai riconosciuto tra i grandi innovatori dell’arte europea del secondo dopoguerra, Melotti è protagonista di importanti esposizioni nelle principali città internazionali, come Roma, Venezia, New York, Londra, Zurigo, Francoforte e Parigi. L’artista muore a Milano il 22 giugno 1986 e nello stesso mese la 42° Biennale di Arti Visive di Venezia gli conferisce il Leone d’oro alla memoria.